Da «Scientia Crucis» di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire
«Quanti sono stati battezzati in Cristo, sono stati battezzati nella sua morte» (Rm 6, 3).
Essi si immergono nella sua vita per divenire membra del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con lui; ma anche per risuscitare con lui alla eterna vita divina.
Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione.
Tuttavia, sin da ora «nella carne» noi vi partecipiamo, in quanto crediamo: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi.
Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso - la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa - è per noi la porta di accesso alla vita e l'inizio della futura gloria.
Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14).
Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore (cfr. Gal 6, 17); è debole e disprezzato nell'ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta pienamente la forza di Dio (cfr. 2 Cor 12, 9).
Il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» (Gal 5, 24).
Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest'ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa.