Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire.
Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati
Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato.
Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite
Gv 8, 21-30
Risorgiamo con un corpo spirituale
San Paolo scrive: “Si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza”
(1 Cor 15, 42-43).
Avverrà una trasformazione.
Tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.
È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.
Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.
E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.
Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
L’uomo erediterà dall’ultimo Adamo, Cristo, il corpo “pieno di forza”, in quanto partecipe della vita divina e risorto sarà un corpo “spirituale” parte del corpo di Cristo.
Esso sarà incorruttibile, non più minacciato dalla morte.
(1 Cor 15, 42-43).
Avverrà una trasformazione.
Tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.
È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.
Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.
E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.
Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
L’uomo erediterà dall’ultimo Adamo, Cristo, il corpo “pieno di forza”, in quanto partecipe della vita divina e risorto sarà un corpo “spirituale” parte del corpo di Cristo.
Esso sarà incorruttibile, non più minacciato dalla morte.
Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Lettera ai Filippesi 1,21-24
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere.
Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d`altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere.
Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d`altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.
Se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.
Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. (Gv 9,31)
« Abbi pietà di me peccatore »
È importante che tu insista su quello che è la base della santità e il fondamento della bontà, cioè la virtù per la quale Gesù si è presentato esplicitamente come modello: l'umiltà (Mt 11,29), l'umiltà interiore, più dell'umiltà esteriore.
Riconosci quello che sei realmente: un nulla, miserabilissimo, debole, impastato di difetti, capace di cambiare il bene in male, di abbandonare il bene per il male, di attribuirti il bene e di giustificarti nel male, e per amore del male, di disprezzare Colui che è il bene supremo.
Non andare mai a letto senza aver prima esaminato in coscienza come hai passato la tua giornata. Rivolgi tutti i tuoi pensieri verso il Signore, e consacragli la tua persona e tutti i cristiani. Poi offri alla sua gloria il riposo che stai per prendere, senza mai dimenticare il tuo angelo custode, che sta in permanenza accanto a te.
San Pio da Pietrelcina
Riconosci quello che sei realmente: un nulla, miserabilissimo, debole, impastato di difetti, capace di cambiare il bene in male, di abbandonare il bene per il male, di attribuirti il bene e di giustificarti nel male, e per amore del male, di disprezzare Colui che è il bene supremo.
Non andare mai a letto senza aver prima esaminato in coscienza come hai passato la tua giornata. Rivolgi tutti i tuoi pensieri verso il Signore, e consacragli la tua persona e tutti i cristiani. Poi offri alla sua gloria il riposo che stai per prendere, senza mai dimenticare il tuo angelo custode, che sta in permanenza accanto a te.
San Pio da Pietrelcina
Indulgenza plenaria e assoluzione in pericolo di morte
Indulgenza plenaria ai fedeli malati di coronavirus, nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendono cura di essi.
Lo stabilisce un Decreto della Penitenzieria apostolica pubblicato oggi e firmato dal cardinale penitenziere Mauro Piacenza e dal reggente, monsignor Krzysztof Nykiel.
Con una nota che accompagna il Decreto, la Penitenzieria inoltre stabilisce che nell’attuale contingenza, per “la gravità delle attuali circostanze” e “soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà”, ricorre la possibilità di impartire “l’assoluzione collettiva”, cioè “a più fedeli insieme”, “senza la previa confessione individuale”. Fermo restando che deve essere il vescovo diocesano a specificare l’applicazione di questa modalità straordinaria di celebrare il sacramento della penitenza che è possibile utilizzare in caso di “imminente pericolo di morte” oppure, appunto, “per grave necessità”.
Nel Decreto si concede l’Indulgenza plenaria “ai fedeli affetti da coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell’autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile”.
Alle stesse condizioni l’Indulgenza plenaria potrà essere ottenuta anche dagli operatori sanitari, dai familiari e da quanti, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus.
La Penitenzieria Apostolica, inoltre, concede alle medesime condizioni l’Indulgenza plenaria in occasione dell’attuale epidemia mondiale, “anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l’adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell’epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé”.
L’Indulgenza plenaria infine, stabilisce il Decreto, può essere ottenuta anche dal fedele che in punto di morte si trovasse nell’impossibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi e del Viatico, “purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente nella vita qualche preghiera”. In questo caso “è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce”.
Per quanto riguarda l’assoluzione collettiva - spiega la Nota della Penitenzieria – nel caso vi fosse “la necessità improvvisa” di impartirla “il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima”. Spetta comunque al vescovo diocesano “determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione collettiva: ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l’assoluzione sia udita”.
La Nota poi sottolinea che nella presente “emergenza pandemica”, spetta sempre al vescovo diocesano “indicare a sacerdoti e penitenti le prudenti attenzioni da adottare nella celebrazione individuale della riconciliazione sacramentale, quali la celebrazione in luogo areato esterno al confessionale, l’adozione di una distanza conveniente, il ricorso a mascherine protettive, ferma restando l’assoluta attenzione alla salvaguardia del sigillo sacramentale ed alla necessaria discrezione”.
La Penitenzieria suggerisce inoltre di valutare “la necessità e l’opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di ‘cappellani ospedalieri straordinari’, anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti”.
Laddove infine “i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali”, come indicato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1452)”.
A questa precisa disposizione del Catechismo ha fatto riferimento Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. “È molto chiaro: se tu non trovi un sacerdote per confessarti - ha spiegato il Pontefice - parla con Dio, è tuo Padre, e digli la verità: ‘Signore ho combinato questo, questo, questo… Scusami’, e chiedigli perdono con tutto il cuore, con l’Atto di Dolore e promettigli: ‘Dopo mi confesserò, ma perdonami adesso’. E subito, tornerai alla grazia di Dio. Tu stesso puoi avvicinarti, come ci insegna il Catechismo, al perdono di Dio senza avere alla mano un sacerdote. Pensate voi: è il momento! E questo è il momento giusto, il momento opportuno. Un Atto di Dolore ben fatto, e così la nostra anima diventerà bianca come la neve”.
Lo stabilisce un Decreto della Penitenzieria apostolica pubblicato oggi e firmato dal cardinale penitenziere Mauro Piacenza e dal reggente, monsignor Krzysztof Nykiel.
Con una nota che accompagna il Decreto, la Penitenzieria inoltre stabilisce che nell’attuale contingenza, per “la gravità delle attuali circostanze” e “soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà”, ricorre la possibilità di impartire “l’assoluzione collettiva”, cioè “a più fedeli insieme”, “senza la previa confessione individuale”. Fermo restando che deve essere il vescovo diocesano a specificare l’applicazione di questa modalità straordinaria di celebrare il sacramento della penitenza che è possibile utilizzare in caso di “imminente pericolo di morte” oppure, appunto, “per grave necessità”.
Nel Decreto si concede l’Indulgenza plenaria “ai fedeli affetti da coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell’autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile”.
Alle stesse condizioni l’Indulgenza plenaria potrà essere ottenuta anche dagli operatori sanitari, dai familiari e da quanti, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus.
La Penitenzieria Apostolica, inoltre, concede alle medesime condizioni l’Indulgenza plenaria in occasione dell’attuale epidemia mondiale, “anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l’adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell’epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé”.
L’Indulgenza plenaria infine, stabilisce il Decreto, può essere ottenuta anche dal fedele che in punto di morte si trovasse nell’impossibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi e del Viatico, “purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente nella vita qualche preghiera”. In questo caso “è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce”.
Per quanto riguarda l’assoluzione collettiva - spiega la Nota della Penitenzieria – nel caso vi fosse “la necessità improvvisa” di impartirla “il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima”. Spetta comunque al vescovo diocesano “determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione collettiva: ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l’assoluzione sia udita”.
La Nota poi sottolinea che nella presente “emergenza pandemica”, spetta sempre al vescovo diocesano “indicare a sacerdoti e penitenti le prudenti attenzioni da adottare nella celebrazione individuale della riconciliazione sacramentale, quali la celebrazione in luogo areato esterno al confessionale, l’adozione di una distanza conveniente, il ricorso a mascherine protettive, ferma restando l’assoluta attenzione alla salvaguardia del sigillo sacramentale ed alla necessaria discrezione”.
La Penitenzieria suggerisce inoltre di valutare “la necessità e l’opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di ‘cappellani ospedalieri straordinari’, anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti”.
Laddove infine “i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali”, come indicato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1452)”.
A questa precisa disposizione del Catechismo ha fatto riferimento Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. “È molto chiaro: se tu non trovi un sacerdote per confessarti - ha spiegato il Pontefice - parla con Dio, è tuo Padre, e digli la verità: ‘Signore ho combinato questo, questo, questo… Scusami’, e chiedigli perdono con tutto il cuore, con l’Atto di Dolore e promettigli: ‘Dopo mi confesserò, ma perdonami adesso’. E subito, tornerai alla grazia di Dio. Tu stesso puoi avvicinarti, come ci insegna il Catechismo, al perdono di Dio senza avere alla mano un sacerdote. Pensate voi: è il momento! E questo è il momento giusto, il momento opportuno. Un Atto di Dolore ben fatto, e così la nostra anima diventerà bianca come la neve”.
Io l'esaudisco e veglio su di lui
Os 14, 5-9
Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro.
Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano.
Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano.
Che ho ancora in comune con gli ìdoli, o Èfraim? Io l'esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia.
Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro.
Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano.
Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano.
Che ho ancora in comune con gli ìdoli, o Èfraim? Io l'esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia.
«Dammi da bere». Gv 4, 5-42
Le dice Gesù: «Dammi da bere».
Non soddisfare più solo la tua sete di cose materiali, ma soddisfa soprattutto la mia sete del tuo amore. Ho sete del tuo amore: dammi da bere.
«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».
Non soddisfare più solo la tua sete di cose materiali, ma soddisfa soprattutto la mia sete del tuo amore. Ho sete del tuo amore: dammi da bere.
«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».
Io qui muoio di fame!
Lc 15, 1-3
Dal Vangelo secondo Luca
"Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati".
Si alzò e tornò da suo padre.
Dal Vangelo secondo Luca
"Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati".
Si alzò e tornò da suo padre.
Siamo così poveri!
Sal.78
RIT: Signore, non trattarci secondo i nostri peccati.
Non imputare a noi le colpe dei nostri antenati:
presto ci venga incontro la tua misericordia,
perché siamo così poveri!
Aiutaci, o Dio, nostra salvezza,
per la gloria del tuo nome;
liberaci e perdona i nostri peccati
a motivo del tuo nome.
Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
con la grandezza del tuo braccio
salva i condannati a morte.
E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
ti renderemo grazie per sempre;
di generazione in generazione narreremo la tua lode.
RIT: Signore, non trattarci secondo i nostri peccati.
Non imputare a noi le colpe dei nostri antenati:
presto ci venga incontro la tua misericordia,
perché siamo così poveri!
Aiutaci, o Dio, nostra salvezza,
per la gloria del tuo nome;
liberaci e perdona i nostri peccati
a motivo del tuo nome.
Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
con la grandezza del tuo braccio
salva i condannati a morte.
E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
ti renderemo grazie per sempre;
di generazione in generazione narreremo la tua lode.
Vivrà per la giustizia che ha praticato.
Ez 18, 21-28
Dal libro del profeta Ezechiele.
Così dice il Signore Dio:
«Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato.
Forse che io ho piacere della morte del malvagio - oracolo del Signore - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?
Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l'empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.
Voi dite: "Non è retto il modo di agire del Signore". Ascolta dunque, casa d'Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».
Dal libro del profeta Ezechiele.
Così dice il Signore Dio:
«Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato.
Forse che io ho piacere della morte del malvagio - oracolo del Signore - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?
Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l'empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.
Voi dite: "Non è retto il modo di agire del Signore". Ascolta dunque, casa d'Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
«Seguimi!» Ed io, lascio tutto, mi alzo e lo seguo.
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. (Lc 5,27)
In questo tempo, Gesù vede me, un pubblicano di nome ... (il mio nome), seduto, impostore, ingiusto ed egoista, a ricevere onori e ossequi, e dedito ai miei profitti e divertimenti, e mi dice: «Seguimi!».
Ed io, lascio tutto, mi alzo e lo seguo.
Dopo aver sentito la Sua voce e la Sua presenza lascio tutto e mi alzo.
Ovvero, lascio tutto, abbandono ogni mio interesse per dedicarmi a Lui, lascio ogni mio desiderio, gusto, amore, per desiderare solo Lui, per gustare solo Lui, per compiacermi solo di Lui. Lascio ogni mia attività per donare tutto il mio tempo, capacità e competenze a Lui.
Mi alzo significa risorgo a vita nuova. E' la sua Voce che mi fa alzare, che mi stimola alla Vita nuova, Eterna. La sua voce mi ha fatto lasciare tutto e quindi reso vivo, vivificato dalla Sua Parola, da risorto, lo seguo.
Lo seguo, al presente, nella Via penitente, nella Verità della Sacra Scrittura, nella Vita Sacramentale, per annunciarlo e testimoniarlo nella storia, per essere una sola carne con Lui, e non più due, ma una sola cosa con Lui.
Quelli che lo avranno ascoltato e visto, accolto e imitato, quelli che avranno imparato da Lui, proclameranno che il Regno di Dio è giunto a noi, che l'Incarnazione di Dio avviene in noi, se lo accogliamo, e che Lui assume la nostra umanità rendendola soddisfatta in misura piena e trabboccante.
L'invito preciso e diretto di Gesù a seguirlo, la sua chiamata personale, da persona a persona, ci rende eucaristia per amore, verità luminosa, praticanti nella giustizia, umili, immortali, liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento.
Soddisfatto di lasciare tutto, di non aver più amor proprio, di rinnegare la mia volontà, desideroso di lasciare i miei passatempi, i miei interessi, i miei gusti e le mie attrazioni, essendo ormai solo Lui, Gesù Cristo, la mia dolce e forte attrazione.
Contento di dedicarmi a Lui, totalmente, per viverlo pienamente, in intima comunione e meravigliosa famigliarità.
Oh, Gesù Amore, quanta degnazione in questa Tua chiamata, quanta ricchezza, quanta bellezza, quanta gioia.
In questo tempo, Gesù vede me, un pubblicano di nome ... (il mio nome), seduto, impostore, ingiusto ed egoista, a ricevere onori e ossequi, e dedito ai miei profitti e divertimenti, e mi dice: «Seguimi!».
Ed io, lascio tutto, mi alzo e lo seguo.
Dopo aver sentito la Sua voce e la Sua presenza lascio tutto e mi alzo.
Ovvero, lascio tutto, abbandono ogni mio interesse per dedicarmi a Lui, lascio ogni mio desiderio, gusto, amore, per desiderare solo Lui, per gustare solo Lui, per compiacermi solo di Lui. Lascio ogni mia attività per donare tutto il mio tempo, capacità e competenze a Lui.
Mi alzo significa risorgo a vita nuova. E' la sua Voce che mi fa alzare, che mi stimola alla Vita nuova, Eterna. La sua voce mi ha fatto lasciare tutto e quindi reso vivo, vivificato dalla Sua Parola, da risorto, lo seguo.
Lo seguo, al presente, nella Via penitente, nella Verità della Sacra Scrittura, nella Vita Sacramentale, per annunciarlo e testimoniarlo nella storia, per essere una sola carne con Lui, e non più due, ma una sola cosa con Lui.
Quelli che lo avranno ascoltato e visto, accolto e imitato, quelli che avranno imparato da Lui, proclameranno che il Regno di Dio è giunto a noi, che l'Incarnazione di Dio avviene in noi, se lo accogliamo, e che Lui assume la nostra umanità rendendola soddisfatta in misura piena e trabboccante.
L'invito preciso e diretto di Gesù a seguirlo, la sua chiamata personale, da persona a persona, ci rende eucaristia per amore, verità luminosa, praticanti nella giustizia, umili, immortali, liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento.
Soddisfatto di lasciare tutto, di non aver più amor proprio, di rinnegare la mia volontà, desideroso di lasciare i miei passatempi, i miei interessi, i miei gusti e le mie attrazioni, essendo ormai solo Lui, Gesù Cristo, la mia dolce e forte attrazione.
Contento di dedicarmi a Lui, totalmente, per viverlo pienamente, in intima comunione e meravigliosa famigliarità.
Oh, Gesù Amore, quanta degnazione in questa Tua chiamata, quanta ricchezza, quanta bellezza, quanta gioia.
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