Scaccia i demoni

Origene (ca 185-253) sacerdote e teologo.

Omelie sull'Esodo.
Rivestire l'uomo nuovo.

Riconoscilo: "in te si è levato un nuovo re, un re d'Egitto". E' lui che ti requisisce per i suoi lavori, ti obbliga a fare mattoni e malta. E' lui che t'impone capomastri e sorveglianti, lui che ti costringe con la frusta e la verga ai lavori della terra, ti forza a costruirgli città. E' lui che ti spinge a percorrere il mondo, a muovere terra e mare per soddisfare le tue bramosie...

Questo re d'Egitto sa che la guerra è imminente. Sente l'arrivo di "colui che può spogliarlo della sua autorità e delle sue potenze, trionfare su di esse con audacia e inchiodarle sul legno della croce"...; sente vicina ormai l'ora della distruzione del suo popolo. Ecco perché dichiara: "Il popolo d'Israele è più forte di noi!" 

Possa dire altrettanto di noi e sentirci più potenti di lui! Come potrà sentirlo? Se non ascolto i pensieri cattivi e le bramosie perverse che m'ispira; se respingo "i suoi dardi infuocati con lo scudo della fede"; se, ogni volta che suggerisce qualcosa alla mia anima, mi ricordo di Cristo, mio Signore, e gli dico: "Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"...

Poiché viene il Signore Gesù... per sottomettere "principati, potestà e dominazioni", per sottrarre i figli d'Israele alle violenze dei nemici... per insegnarci nuovamente a vedere Dio in spirito, ad abbandonare i lavori del Faraone, ad uscire dalla terra d'Egitto, a rinunciare ai barbari costumi degli Egiziani, "a rivestire l'uomo nuovo, di giorno in giorno" a immagine di colui che ci ha creati, Cristo Gesù nostro Signore, a cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Riferimenti biblici: 
Es 1,8 
Col 2,14-15
Es 1,9
Ef 6,16
Mt 4,10
Dt 6,13
Col 1,16
Ef 4,22-24
Col 3,9-10
2Cor 4,16

San Paolo Apostolo

San Giovanni Crisostomo (ca 345-407)
sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Commento su San Paolo Apostolo
A chi potremmo paragonare quest'uomo che soffre per il mondo intero?


Chi sia l'uomo, la nobiltà della sua natura e di quale coraggio sia capace, lo ha manifestato più di ogni altro l'apostolo Paolo.

Ogni giorno colmava pienamente la sua misura, aveva un'audacia sempre nuova di fronte ai pericoli che continuamente incombevano, come testimoniano queste sue parole: "Dimenticando ciò che mi sta alle spalle sono proteso verso ciò che mi sta di fronte" (Fil 3,13). Quando avverte arrivare la morte, invita a condividere la sua gioia dicendo. "Godetene e rallegratevi con me" (Fil 2,18). 

Nei pericoli, nelle ingiurie e in tutte le disgrazie, esulta e scrive ai Corinti: "Mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte." (2 Co 12,10).  La forza di Cristo infatti si manifesta pienamente nella mia debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.

Per Paolo c'era una sola cosa da temere e fuggire: offendere Dio. Egualmente, una sola cosa l'attirava: piacere a Dio, null'altro, nemmeno i beni del cielo; tutto ciò manifesta il suo amore per Cristo. (...)

Un esempio le disposizioni quando chiese di essere escluso dalla gloria del cielo per salvare gli ebrei che avevano perso la salvezza (cf. Rm 9,3). Cosa che prova quanto fosse grande il dolore per la loro perdizione. Se non fosse stata tanto dolorosa, non avrebbe fatto tale richiesta, scegliendo piuttosto qualcosa di più tollerabile e consolante. E non era una semplice dichiarazione d'intenti, ma un vero grido del cuore: "Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua" (Rm 9,2).

San Francesco di Sales



 

Padre, concedi la grazia che ti chiediamo

PREGHIERA PER LA GLORIFICAZIONE DEL BEATO GIUSEPPE NASCIMBENI

O Dio, nostro Padre, che hai arricchito la tua Chiesa con le virtù e il servizio sacerdotale del tuo servo il Beato Giuseppe Nascimbeni, fa’ che, seguendo gli esempi della sua operosa esistenza, tutta ispirata al mistero della Santa Famiglia di Nazareth, viviamo in fedeltà e letizia gli impegni della vita cristiana e, per sua intercessione, concedi la grazia che ora con fiducia ti chiediamo.

Per Cristo nostro Signore. Amen.


PREGHIERA PER INTERCESSIONE DI SANTA MARIA DOMENICA MANTOVANI

Padre buono, che giorno dopo giorno hai formato in Santa Maria Domenica Mantovani un cuore attento e sensibile alle necessità del prossimo, ravviva in noi il soffio del tuo Spirito, affinché nella carità evangelica manifestiamo la cura che hai per ciascuno dei tuoi figli. Consapevoli che riveli ai piccoli i misteri del Regno, donaci la grazia che ora ti chiediamo per sua intercessione…
Guidati nel cammino della fede da Maria Immacolata e da San Giuseppe, rendiamo gloria al tuo nome.
Per Cristo nostro Signore.

Amen

Beato Giuseppe Nascimbeni

A Castelletto del Garda in Veneto, beato Giuseppe Nascimbeni, sacerdote, fondatore dell’Istituto delle “Piccole Suore della Sacra Famiglia”.


Abbiate una fede maggiore nella Provvidenza divina, sicuri che essa non vi abbandonerà mai nei vostri bisogni. (Beato Giuseppe Nascimbeni)

Dal Testamento spirituale di don Giuseppe Nascimbeni
“ Vi lascio la mia povera benedizione o carissimi. Benedico anche tutti i vostri interessi materiali, però ricordatevi sempre che l’unico affare che deve unicamente interessarvi fino alla morte è quello di salvare l’anima vostra”.

Tener compagnia a Gesù Eucaristia.

Santa Maria Cristina dell’Immacolata Concezione
Vergine e fondatrice della Congregazione “Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato”

Fece in molti modi esperienza della divina Provvidenza.


Dall'indole mite e docile, ebbe in famiglia una fruttuosa e soda educazione religiosa e ben presto mostrò segni d'una chiara inclinazione alla preghiera e alla continenza.

Attratta dalle cose di Dio, rifuggiva dalle vanità mondane, amava la solitudine, si accostava spesso al sacramento della Penitenza e quotidianamente alla Santa Comunione. Accogliendo l'insegnamento del Redentore (Mt 5,48), soleva ripetere: “Debbo farmi santa, voglio farmi santa”. Dodicenne emise, davanti all'immagine di Gesù Bambino, il voto di castità perpetua.

Maria Cristina è stata sempre illuminata da una fede semplice, ferma e viva, che alimentò con l'ascolto della parola di Dio, con la fruttuosa partecipazione ai sacramenti, con la meditazione delle verità eterne e con la fervida preghiera.

Gettò le fondamenta di una famiglia religiosa, che, attualmente, ha il nome di “Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato”, che crebbe rapidamente nonostante le ristrettezze economiche e le opposizioni, nonché la salute precaria della fondatrice. Dopo aver migrato per varie sedi, la comunità, dietro i consigli del Servo di Dio Michelangelo da Marigliano e di San Ludovico da Casoria, prese domicilio in Casoria, non lontano da Napoli. Il nuovo Istituto incontrò non poche e non lievi difficoltà, ma fece in molti modi esperienza della divina Provvidenza.

Coltivò particolarmente la devozione verso l'Incarnazione, verso la Passione e Morte di Cristo e verso l'Eucaristia. Per essere più vicina con lo spirito e con il corpo al tabernacolo fece costruire una cella, chiamata, a imitazione del presepe, “grotticella”, contigua alla Chiesa, che aveva fatto edificare a Casoria. In questo luogo passò poi ogni notte della sua vita, seduta su una sedia, a tener compagnia, nella veglia e nel riposo, a Gesù Eucaristia.

Forte fu la sua spiritualità espiatrice, tanto da divenire il carisma dell'Istituto.

Maria Cristina dell’Immacolata Concezione è stata beatificata il 27 aprile 2003 da San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła) e proclamata Santa il 17 maggio 2015, in piazza San Pietro a Roma, da papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio).

Beata Cristina da L'Aquila

Cristina Ciccarelli da L'Aquila
Vergine dell’Ordine di S. Agostino

Nel giugno 1505 entrò, infatti, nel monastero di S. Lucia delle Agostiniane osservanti in L'Aquila, dove prese il velo assumendo il nome di Cristina.

La grande pietà, la sottomissione più completa e l'assoluta umiltà di cui dava quotidianamente luminose prove, le meritarono in breve la venerazione di tutte le consorelle le quali, dopo non molti anni, la scelsero come loro badessa, carica cui fu eletta più volte, suo malgrado.

Divenuta celebre per la sua santità, per le visioni avute e per i miracoli operati, Cristina era visitata continuamente da una gran folla di persone, dalle più modeste alle più importanti.

Tra le varie estasi di cui il Signore volle degnarla, due restano veramente mirabili: quella avuta nella ricorrenza della festa del Corpus Domini, quando fu trovata sollevata da terra per più di cinque palmi, mentre sul petto le risplendeva l'Ostia santa rinchiusa in una pisside d'oro, per questo viene così raffigurata; e quella avuta in un venerdì santo e prolungatasi fino al giorno successivo, durante la quale provò, a suo dire, gran parte dei dolori della passione di nostro Signore.

Cagionevole di salute e afflitta da più mali, Cristina muore il 18 gennaio 1543.

Soppresso il monastero agostiniano di S. Lucia il 12 ottobre 1908, le spoglie mortali della beata furono trasferite nel monastero di S. Amico.

Il culto, che già subito dopo la sua morte cominciò ad esserle prestato, fu solennemente confermato da Gregorio XVI nel 1841.


La vostra afflizione si cambierà in gioia.

Giovanni 16,16-33

Ancora un poco e non mi vedrete; un pò ancora e mi vedrete. Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: "Che cos`è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un pò ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?". Dicevano perciò: "Che cos'è mai questo "un poco" di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire".

Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: "Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un pò ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. 



La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla.

In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.

Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l`ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre".

Gli dicono i suoi discepoli: "Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t`interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio". Rispose loro Gesù: "Adesso credete? Ecco, verrà l`ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!".


Quello che chiederete con fede, lo otterrete.

Matteo 21,18-22
La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te". E subito quel fico si seccò. Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai il fico si è seccato immediatamente?". Rispose Gesù: "In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete".


Marco 11,24
Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato.

Giovanni 14,11-20
Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui.

Giovanni 15,16
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

Giovanni 16,22-24
Anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. 

Beata Maria Teresa Fasce

Il Monastero di S. Rita, in Cascia, l'accolse postulante a 25 anni, il 6 giugno del 1906. La notte di Natale, offrì al Signore la sua giovinezza, vestendo l'abito agostiniano e l'anno seguente, nella stessa solennità, sancì con i voti religiosi la sua immolazione.

Dal 1914 le giovani novizie l'ebbero maestra d'esempio e di parola.
Dal 1917 al 1920, fu vicaria del monastero.
Dal 1920, fino alla morte, con voto unanime, e di triennio in triennio immutato, le suore la vollero abbadessa e divenne, per antonomasia, ‘la Madre’.

Testimonianza chiara, viva, splendida, della sua attività di Superiora furono e restano le opere ch'ella concepì e seppe realizzare.

Con fermezza, amorevolezza e tanta umiltà riesce nel suo intento, ridonando al monastero il suo giusto equilibrio spirituale e caritativo. Innamorata di Santa Rita, allora conosciuta solo in Umbria o poco più, si fa propagatrice della sua devozione nel mondo, anche grazie al periodico “Dalle api alle rose” che fonda nel 1923. Promuove pellegrinaggi che a quell’epoca per Cascia rappresentavano un evento eccezionale; realizza l’“Alveare di S. Rita” per accogliere le “Apette”, cioè le piccole orfane; pensa di costruire un santuario, in grado di accogliere i tanti pellegrini che lei già intravede. Ci riesce a prezzo di sacrifici immensi, incomprensioni, amarezze, cause giudiziarie, ostacoli della Soprintendenza, e che non avrà la soddisfazione di vedere ultimato, perché sarà consacrato quattro mesi dopo la sua morte.

Sul suo fisico si accumulano malanni a non finire: il diabete si assomma all’asma, a problemi di cuore e di circolazione al punto da impedirle di camminare ed inoltre convive per 27 anni con un tumore al seno (per questo adesso viene invocata, con fiducia, da chi è assalito dal male del secolo).

Si spegne serenamente il 18 gennaio 1947, a 66 anni di età.
Il suo corpo incorrotto riposa nella cripta della Basilica di Cascia, accanto alla Santa che immensamente amò e aspetta, in pace, l'ora della gloria.


Si recarono da lui con un paralitico.

San Giovanni Crisostomo (ca 345-407)
sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Omelie su Matteo, 29, 1-3
"Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?"

Gli evangelisti raccontano che, fatta un’apertura nel tetto, alcune persone calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico e lo deposero davanti a Cristo, senza chiedere nulla, lasciando che Gesù prendesse l’iniziativa. 

All’inizio del suo ministero, in tutta la Giudea, era Gesù a fare il primo passo e non esigeva una così grande fede. Ora invece, sono loro ad essere venuti verso di lui e viene chiesta loro una fede coraggiosa e viva. “Gesù, vista la loro fede” dice il vangelo, la fede cioè di coloro che avevano portato il paralitico. (...) Anche il malato aveva una grande fede, poiché non si sarebbe lasciato trasportare se non si fosse fidato di Gesù.

Davanti a tanta fede, Gesù mostra la sua potenza e, con autorità divina, perdona i peccati del malato, dando così una prova della sua uguaglianza col Padre. Aveva già mostrato tale uguaglianza quando aveva guarito il lebbroso dicendo: “Lo voglio, guarisci”, quando aveva placato il mare scatenato e quando aveva cacciato i demoni che avevano riconosciuto nella sua persona il loro sovrano e il loro giudice. (...) 

Ora, la mostra prima senza gloria: infatti non si è affrettato a guarire esternamente colui che gli era stato presentato. Ha cominciato con un miracolo invisibile; ha guarito prima l’anima di quell’uomo perdonandogli i peccati. Certo, questa guarigione era infinitamente più vantaggiosa per quell’uomo, ma portava poca gloria a Cristo. Allora, spinti dalla loro malvagità, alcuni hanno voluto nuocergli; ma così facendo, loro malgrado, hanno reso il miracolo più lampante.


Mosso a compassione, Gesù stese la mano, lo toccò.

Santa Teresa di Calcutta (1910-1997)
fondatrice delle Suore Missionarie della Carità

Lettera alle sue collaboratrici del 10/04/1974
Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». 

I poveri sono assetati di acqua, ma anche di pace, di verità e di giustizia. I poveri sono nudi ed hanno bisogno di vestiti, ma anche di umana dignità e di compassione per i loro peccati. I poveri non hanno casa ed hanno bisogno di un riparo fatto di mattoni, ma anche di un cuore gioioso, pieno di amore e misericordia. Sono malati ed hanno bisogno di cure mediche, ma anche di una mano che venga in loro aiuto e di un sorriso che li accolga.

Gli esclusi, i prigionieri, gli alcolisti, i moribondi, chi è scartato, non amato, chi è solo e abbandonato, gli emarginati, gli intoccabili, i lebbrosi, (...) coloro che sono nel dubbio e nella confusione, coloro che non hanno ricevuto la luce di Cristo, gli affamati della parola e della pace di Dio, le anime tristi e afflitte, (...) coloro che sono un peso per la società, che hanno perso ogni speranza e fiducia nella vita, hanno dimenticato come si sorride e non sanno più cosa significa ricevere un po' di calore umano, un gesto d'amore e d'amicizia – tutti, si rivolgono a noi per avere un conforto. Se noi voltiamo loro le spalle, voltiamo le spalle a Cristo.



Beata Alfonsa Clerici

Suora del Preziosissimo Sangue


A suo fratello Prospero scrisse: “Diamoci la mano dunque per salire al Calvario, ed io che ho l'onore di por­tare il nome di Suora del Preziosissimo Sangue, io sarò contenta ove più vi sarà di sacrificio, sarò contenta di spargere il sangue della volontà, dell'amor proprio”.

« Il tempo è compiuto... Seguitemi »

Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942) 
Carmelitana, martire, compatrona d'Europa.


Il bambino del presepio è il Re dei re, colui che regge la vita e la morte. Egli dice: «Seguimi» e chi non è con lui è contro di lui (Lc 11,23). Questo egli disse anche per noi e ci colloca di fronte alla scelta fra luce e tenebre. Ignoriamo dove il divino Bambino vuole condurci su questa terra, e non conviene chiederlo prima che sia il tempo. Sappiamo invece che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28), e che la strada tracciata dal Signore conduce al di là di questa terra.

Assumendo un corpo, il Creatore del genere umano ci offre la sua divinità. Dio si è fatto uomo perché gli uomini possano diventare figli di Dio. «O meraviglioso scambio!» Al fine di questa opera il Salvatore è venuto nel mondo. Uno di noi aveva rotto il legame della nostra filiazione con Dio. Uno di noi doveva riannodarlo ed espiare la colpa. Nessun germoglio dell'antica stirpe, malata e degenere poteva farlo. Occorreva che su questo tronco fosse innestata una pianta nuova, sana e nobile. Egli è diventato uno di noi, e contemporaneamente più di questo: una sola cosa con noi. Proprio questo nel genere umano è meraviglioso: che cioè siamo tutti una sola cosa. (...) E' venuto per formare con noi un corpo misterioso: essendo lui il Capo, e noi le sue membra (Ef 5,23-30).

Se accettiamo di mettere le mani nelle mani del divino Bambino, se rispondiamo «Sì» al suo «Seguimi», allora siamo suoi e la via è libera perché passi in noi la sua vita divina. Tale è l'inizio della vita eterna in noi. Non è ancora la visione beatifica nella luce della gloria, è ancora l'oscurità della fede; ma non è più l'oscurità di questo mondo – e questo è essere già nel Regno di Dio.

Diventare Colui che noi riceviamo

San Leone Magno: « La partecipazione del corpo e del sangue di Cristo non ha altro effetto che quello di farci diventare Colui che noi riceviamo».

San Leone Magno papa e dottore della Chiesa: (400 d.C.-  461 d.C.) è stato il 45º papa della Chiesa cattolica. E' uno dei due papi che sono stati chiamati “Magno” o “il Grande”, l’altro è Papa Gregorio I. La sua festa liturgica si celebra l’11 Novembre. San Leone Magno è stato dichiarato Dottore della Chiesa nel 1754. 

Nato in Toscana, fu dapprima a Roma solerte diacono e poi elevato alla cattedra di Pietro. Meritò l’appellativo di Magno per aver nutrito il gregge a lui affidato con la sua parola raffinata e saggia, e per aver sostenuto strenuamente nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la retta dottrina sull’incarnazione di Dio. Riposò nel Signore a Roma e fu sepolto all’interno della Basilica Vaticana. Le sue reliquie sono custodite in San Pietro, nella Cappella della “Madonna della Colonna”.


Sant'Antonio Maria Pucci - Sacerdote

 


Gesù Cristo ci narrò la parabola del buon Samaritano per farci intendere che la legge della carità fraterna deve essere universale. 

Prima cioè dobbiamo amare, aiutare e soccorrere quelli che ci sono stretti di parentela e per sangue e di poi tutti quanti, o siano barbari o colti, o cristiani o gentili, o turchi o ebrei, o cattolici o scismatici, tutti dobbiamo amarli. 

Dobbiamo amare anche i nostri nemici, perdonare loro le ingiurie, e quando essi si trovano in bisogno siamo obbligati a soccorrerli per quanto ce lo permettono le nostre forze.

Beata Eurosia Fabris

Madre di famiglia, terziaria francescana
Quinto Vicentino, 27 settembre 1866 – Marola, 8 gennaio 1932

Eurosia Fabris, nata a Quinto Vicentino ma trasferitasi nell’infanzia a Marola (Vicenza), trascorse l’infanzia e l’adolescenza aiutando nelle mansioni di casa e formandosi alla fede tramite la frequentazione della sua parrocchia, presso la quale divenne catechista. Il 5 maggio 1886 sposò Carlo Barban, per poter fare da madre alle sue due bambine. Dal loro matrimonio, felice e fecondo, nacquero nove figli, di cui due morirono in tenera età e tre divennero sacerdoti. Mamma Rosa, come venne soprannominata, aderì al Terz’Ordine Francescano, vivendone lo spirito di povertà e di letizia. Donna di grande fede e carità, aiutò i bisognosi, assistette i malati e irradiò la luce del Vangelo in famiglia e nella parrocchia di Marola.

La famiglia di "Mamma Rosa" fu davvero una piccola Chiesa domestica dove ella seppe educare i figli alla preghiera, all’obbedienza, al timore di Dio, al sacrificio, alla laboriosità e a tutte le virtù cristiane. In questa missione di madre cristiana, "Mamma Rosa" si è sacrificata e consumata con un lento continuo logorio, giorno per giorno, come una lampada sull’altare della carità.

Confidò al figlio, don Giuseppe, che il Signore le aveva rivelato il giorno della morte per il quale si preparò sempre più, intensificando la preghiera; il suo pensiero era sempre rivolto al paradiso. Nell’autunno del 1931 si manifestarono i primi dolori reumatici che invadevano le giunture delle mani e dei piedi; la predizione della sua morte si stava avverando. Il male progrediva estendendosi alle spalle e alle ginocchia fino a costringerla a letto. Non si lamentò mai dei dolori, anche se era palese che soffriva.

Morì, circondata dai figli e dai nipoti, l’8 gennaio 1932. È stata beatificata nella cattedrale di Vicenza il 6 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa parrocchiale della Presentazione del Signore a Marola, che nel 2014 è diventata il Santuario Diocesano intitolato alla Beata Mamma Rosa.


Io sono il pane della vita (Gv 6,35)

Catechismo della Chiesa cattolica
§1373-1380

“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame” (Gv 6,35)

"Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,34), è presente in molti modi alla sua Chiesa: nella sua parola, nella preghiera della Chiesa, "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20), nei poveri, nei malati, nei prigionieri, nei sacramenti di cui egli è l'autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma "soprattutto è presente sotto le specie eucaristiche" (Vaticano II SC 7).

Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. … Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo…” (Concilio di Trento). "Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente" (S. Paolo VI). …

Il culto dell'Eucaristia: ... "La Chiesa cattolica professa questo culto di adorazione al sacramento eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione" (Paolo VI). … È oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi nel suo aspetto visibile, … ha voluto che noi avessimo il memoriale dell'amore con il quale ci ha amati "sino alla fine" (Gv 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi (Gal 2,20)…, sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore.




Beata Lindalva Justo de Oliveira

“Il cuore è mio e può soffrire, ma il volto appartiene agli altri, e deve essere sorridente”. 


Beata Lindalva Justo de Oliveira
Suora delle Figlie della Carità (Vincenziana), martire.

Cantico di Zaccaria (Lc 1,67-80)

Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:

Benedetto il Signore Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo.

Come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
salvezza dai nostri nemici
e dalle mani di quanti ci odiano.

Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.

Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge,
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra di morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace.


Sacro Cuore di Gesù

Sacro Cuore di Gesù
Chiesa di San Giacomo - Vago


Gesù bambino ha bisogno del nostro amore


Gesù si è fatto bambino, perché la disarmante forza della sua tenerezza susciti in noi amore, attrazione. Un bambino se lo lasci solo piange, ha bisogno di coccole e affetto, così anche Gesù bambino. Si è fatto piccolo per te, affinché tu gli doni il tuo amore, le tue attenzioni, il tuo tempo ed ogni tua risorsa e talento.

Cercalo e trovalo nei poveri. Cercalo e fagli compagnia nella Santa Eucaristia. Cercalo e trovalo dentro di te. Accogli la grazia di Dio, accogli Gesù bambino nella tua vita, amalo, dagli il tuo affetto e tutto il tuo amore. Lui si è fatto piccolo per amor tuo, per essere amato da te. Gesù si dona a te, personalmente.

«I pastori andarono e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Maria come mamma tenera e premurosa adagia Gesù nella mangiatoia. E' un dono fatto a noi: la Madonna partorisce e presenta il Figlio a noi; lo stringe tra le sue braccia e lo depone nel Tabernacolo, nella mangiatoia, per invitarci a guardarlo, adorarlo e accoglierlo.

Gesù è un bambino adorabile. E' venuto a trovarci. Si è fatto carne nel seno di Maria. E' nato per noi, per restare con noi, per farci come Lui. Si è fatto bambino, fragile e bisognoso della nostra accoglienza, dei nostri sorrisi, dei nostri doni. Portiamogli in dono le nostre elemosine, le nostre preghiere, le nostre sofferenze. Egli ci dona se stesso, ci dona le sue preghiere, prega il Padre suo per noi, intercede per noi, a nostro favore. Nel suo nome e a suo nome ci ha reso liberi.

Egli è con noi. Egli è in noi. Egli è per noi. Ci dona il suo sacrificio in soccorso dei nostri bisogni e in riparazione dei nostri peccati. Gesù vuole stare in comunione con noi. Viene a noi. Vuole vivere e operare in noi. Egli è la Luce e la Verità, è la Vita e la Resurrezione, è la Via e la Porta che conduce al Padre suo. Egli ci ha fatti diventare figli adottivi del Padre suo, noi così indegni, e ci ha affidato e ci ha fatto adottare dalla Madre sua, ci ha reso figli e custodi di sua Madre. Egli ci ha fatto Chiesa. Ci ha reso suoi fratelli, ha condiviso con noi la sua eredità.

Egli è la nostra forza e il nostro aiuto. Guarda un bambino e vedi Gesù bambino, guarda un povero sofferente e vedi Gesù crocifisso, guarda un Santo e vedi Gesù glorioso. Con San Giuseppe e Maria sua sposa, venite e adoriamo, ringraziamo, lodiamo e benediciamo Gesù, con tutto il cuore, la mente, le forze e l'anima.

Quando i discepoli si avvicinarono a Gesù gli dissero: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. (Mt 18,1-10)

Seguiamo e imitiamo i magi

San Giovanni Crisostomo (ca 345-407)
sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Omelie sul Vangelo di Matteo 7,5

Muoviamoci, sull'esempio dei magi. Lasciamo che tutti si turbino; ma noi corriamo con gioia dov'è il bambino. Se i re o i popoli ci mettono ostacoli nella strada, poco importa, non diminuiamo il nostro fervore, respingiamo tutti i mali che ci minacciano. Se non avessero visto il bambino, i magi non avrebbero evitato il pericolo che correvano a causa di Erode. Prima di aver avuto la gioia di contemplarlo, erano presi dalla paura, circondati da pericoli, immersi nel turbamento; dopo che l'ebbero adorato, il loro cuore è rimasto nella calma e nella sicurezza. (...)

Abbandoniamo anche noi una città affollata, un despota assetato di sangue, tutte le ricchezze di questo mondo, e veniamo a Betlemme, la “casa del pane” spirituale. Se sei pastore, vieni, semplicemente, e vedrai il bambino nella mangiatoia. Se sei re, i tuoi vestiti fastosi, tutto lo splendore della tua dignità, non ti serviranno a nulla, se non vieni. Se sei uomo di scienza come i magi, tutte le conoscenze non ti salveranno se non vieni ad inchinarti. Se sei uno straniero o addirittura un barbaro, sarai ammesso alla corte di questo re. (...) Basta avere timore e gioia, due sentimenti che abitano il cuore veramente cristiano. (...)

Prima di adorare questo bambino, liberati di tutto quanto ti riempie. Se sei ricco, deponi il tuo oro ai suoi piedi, cioè dallo ai poveri. Questi stranieri sono venuti da tanto lontano per contemplare il bambino appena nato; come potrai (...) rifiutare di fare qualche passo per visitare un malato o un prigioniero? (...) I magi hanno offerto i loro tesori a Gesù, e tu, non hai neanche un pezzo di pane da dargli? (Mt 25,35s) Quando hanno visto la stella, il loro cuore si è riempito di gioia; tu vedi nei poveri Cristo che manca di tutto e passi oltre e non ti commuovi?


Beata Maria Repetto


Voltaggio, Alessandria, 31 ottobre 1809 – Genova, 5 gennaio 1890

Trascorsa in famiglia la sua giovinezza, a ventidue anni entrò nel Conservatorio delle Suore di N.S. del Rifugio in Monte Calvario, a Genova.

Nel laboratorio di ricamo trascorreva le giornate lavorando e pregando. Il laboratorio garantiva importanti introiti alla casa e per suor Maria voleva dire imitare il suo patrono e maestro di vita S. Giuseppe che, con il lavoro di falegname, provvide alla sussistenza della Sacra Famiglia. Verso di lui aveva una fiducia illimitata. Poi con l'incarico di portinaia che le venne affidato questa sua devozione verso San Giuseppe divenne proverbiale. 

Con semplicità e ilarità di animo, aveva propensione per i poveri e i tribolati, che da ogni parte affluivano a lei. In molti bussavano alla porta del convento per chiedere l’elemosina o per ricevere una parola di conforto e suor Maria era attenta e premurosa alle necessità di tutti; e per ognuno aveva una parola. A San Giuseppe raccomandava tutti gli infermi e quanti accorrevano da lei.

Già in vita veniva chiamata dal popolo la "monaca santa" per i doni di cui Dio l'aveva arricchita. Era molto intenso il suo grado di preghiera e amava meditare tutti i giorni la Via Crucis.

Morì nel 1890 e il 4 ottobre 1981 e fu beatificata dal papa Giovanni Paolo II.


Sant'Angela da Foligno


O Dio, che hai dato a santa Angela una profonda conoscenza dei misteri del tuo Figlio, per i suoi meriti e la sua intercessione donaci di vivere in questo mondo nella verità del Cristo, per meritare la gioia della tua manifestazione nella gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 

Note biografiche.
Angela nasce a Foligno attorno al 1248, ventidue anni dopo la morte di S. Francesco d'Assisi.

Non si conosce la sua casata né il padre, per cui si può ipotizzare che sia rimasta orfana in tenera età. Lella (così è chiamata familiarmente in casa) è una ragazza bella, intelligente, volitiva e anche ricca: un cocktail esplosivo per una donna medievale, come per una donna dei nostri giorni. Lo confesserà più tardi lei stessa: “Sappiate che per tutto il tempo della mia vita ricercai come potessi essere adorata e onorata”. Questa sete di adulazione e di ricerca incessante delle vanità della vita la allontana ben presto dalla pratica religiosa e forse anche dalla fede, e neppure il matrimonio, contratto in giovane età con un signorotto locale, e i figli che presto dà alla luce, riescono a riportarla sulla retta via.

Il suo radicale mutamento spirituale si colloca all’età di 37 anni, intorno al 1285, allorché, in seguito ad una apparizione di S. Francesco d'Assisi, fece, nella cattedrale di San Feliciano di Foligno, una confessione generale ad un frate Minore, suo concittadino e consanguineo, Arnaldo, il quale sarebbe poi diventato il suo direttore spirituale e segretario.

Scomparsi poco dopo e in breve tempo la madre, il marito e i figli, Angela si dedicò ad una vita di perfetta povertà: venduti i suoi beni e distribuito il ricavato ai poveri, entrò, tra la fine del 1290 e gli inizi del 1291, nel Terzo Ordine francescano, dedicandosi - sull'esempio di S. Francesco - alla realizzazione del suo progetto di penitenza, cioè di totale imitazione del Cristo.

Nell'autunno del 1291, dopo aver emesso i voti religiosi, si recò pellegrina ad Assisi e nella Basilica del Santo, Angela ebbe una crisi mistica, preceduta, come ella stessa avrebbe raccontato, dalla sperimentazione in sé della Trinità.

Arnaldo avvertì subito la necessità di comprendere fino in fondo le cause di quella crisi, e iniziò a scrivere tutto quello che Angela veniva confidandogli, anche per sottoporlo al giudizio di esperti.

Nasceva così quella che avrebbe costituito la prima parte del "Libro" della beata Angela, ovvero l'autobiografia spirituale o "Memoriale di frate Arnaldo".

Angela dettava nel "volgare suum", mentre Arnaldo trascriveva in un latino semplice e piano; quando lui "frate scrittore" non comprendeva, si faceva ripetere il discorso, proprio per non riportare un pensiero o semplicemente un'espressione diversa da quella pronunciata da Angela; talvolta, come attestano i numerosi volgarismi presenti nel "Memoriale", trascriveva la parola così come la sentiva riferire.

La stesura del "Memoriale" durò circa cinque anni, dal 1291 al 1296. Approvato prima del 10 maggio 1297, probabilmente nel 1296, dal cardinale Giacomo Colonna e da una commissione di otto teologi francescani, il "Memoriale" raccoglie, dunque, l'esperienza interiore di Angela, che consta, come lei espressamente afferma, di trenta passi (gli ultimi dieci sono condensati in sette da Arnaldo), dal momento del suo ritorno a Dio (1285), fino all'ingresso nelle più alte sfere dela vita mistica (1296), quando tali manifestazioni mistiche si fecero più frammentarie e lasciarono campo a nuove manifestazioni spirituali, in particolare quella della "maternità spirituale " che raccolse intorno alla "Lella da Foligno" un vero cenacolo di anime desiderose di perfezione.

A loro la santa inviava numerose lettere e per loro redigeva anche le Istruzioni salutifere. La povertà, l'umiltà, la carità, la pace erano i suoi grandi temi: "Lo sommo bene dell'anima è pace verace e perfetta... Chi vuole dunque perfetto riposo, istùdisi d'amare Idio con tutto cuore, perciò che in tale cuore abita Idio, il quale solo dà e può la pace dare".

Angela muore a Foligno il 4 gennaio 1309; le sue reliquie sono conservate nella chiesa di S. Francesco, retta dai Frati Minori Conventuali di Foligno.

Canonizzazione equipollente di Angela da Foligno: il 9 ottobre 2013, il Santo Padre Francesco (Jorge Mario Bergoglio), accolta la relazione di Sua Eminenza Reverendissima il Signor Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha esteso alla Chiesa Universale il Culto liturgico in onore della Beata Angela da Foligno, dell'Ordine Secolare di San Francesco; nata a Foligno (Italia) intorno al 1248 ed ivi morta il 4 gennaio 1309, iscrivendola nel catalogo dei Santi.


Estratto del Libro di Sant'Angela da Foligno.

Una fedele, parlando di Dio con la sua compagna, disse che i passi, o cambiamenti, che fa l’anima quando percorre la via della penitenza, sono trenta e aggiunse che li aveva individuati in se stessa.

Il primo fu la conoscenza del peccato, in seguito alla quale l’anima ebbe un gran timore di dannarsi; in questo passo pianse amaramente.

Il secondo fu la confessione, nella quale l’anima provò vergogna e amarezza e non sperimentò ancora l’amore, ma il dolore.

In proposito la fedele mi riferì che si era comunicata molte volte in stato di peccato, dopo aver fatto, per vergogna, confessioni non complete, e che aveva provato rimorso giorno e notte. Avendo, però, pregato il beato Francesco di trovarle un confessore capace di capire i suoi peccati, per poterglieli confessare bene, la notte stessa le apparve un vecchio frate, che le disse: «Sorella, se mi avessi pregato prima, già ti avrei esaudita; comunque, quello che hai chiesto ti è stato concesso». La mattina andai subito a San Francesco, ma venni via presto e sulla strada del ritorno, a San Feliciano, trovai un frate, cappellano del vescovo, che predicava. Subito, mossa dal Signore, decisi di fargli una confessione completa, sia che fosse in possesso della facoltà di assolvermi, sia che avesse dovuto consultare il vescovo. E mi confessai bene. Egli, ascoltata la confessione, mi disse che, se non ero soddisfatta, era pronto a riferire tutti i miei peccati al vescovo. Poi aggiunse: “Successivamente ti comunicherò la penitenza che ti vorrà assegnare, sebbene io possa assolverti senza consultarlo”. Dunque, in questo passo l’anima provò vergogna e amarezza e sperimentò non l’amore, ma il dolore.

Al terzo l’anima fece penitenza in riparazione dei suoi peccati e fu ancora nel dolore.

Al quarto passo riconobbe la misericordia di Dio, che le aveva concesso il perdono e l’aveva liberata dall’inferno. A questo punto cominciò a essere illuminata e allora pianse, si addolorò più di prima e bramò maggiormente di fare una penitenza più dura.

Io attesto di non aver descritto in tutti i passi precedenti la mirabile penitenza che la fedele fece e che ho conosciuto solo dopo averli compilati. Allora, infatti, lei non me la svelò completamente, ma raccontò solo quanto era necessario per distinguere i passi, e io volli scrivere solamente quello che lei diceva, non una parola in più; anzi, tralasciai parecchie cose che non ero in grado di riferire.

Al quinto passo l’anima conobbe se stessa e già alquanto illuminata non vide altro in sé che difetti e allora si dichiarò colpevole di fronte a Dio, perché era sicurissima di meritare l’inferno. In questo passo l’anima pianse amaramente.

Capisci bene tu: in tutti i passi si verifica una sosta; di conseguenza si deve avere grande pietà e commiserazione per l’anima, che può andare verso Dio con tanta lentezza, dolore e pesantezza, facendo ogni volta uri piccolissimo tratto di strada. Io lo so per esperienza, in quanto a ogni passo mi fermavo e piangevo e non ricevevo simultaneamente più di una cosa, sebbene in ognuno trovassi conforto nel pianto; era però una consolazione amara.

Il sesto passo fu un’illuminazione di grazia, che mi accordò una profonda conoscenza di tutti i peccati; in essa mi resi conto d’aver offeso tutte le cose create per me, e i peccati mi tornavano in mente in modo vivissimo nella confessione che ne facevo di fronte a Dio. Allora supplicai tutte le creature, che sapevo d’aver offeso, di non accusarmi.

Io potei pregare con grande fuoco d’amore, chiesi a tutti i santi e alla beata Vergine di intercedere per me e domandare all’Amore, che tanti beni mi aveva elargito, di ridarmi la vita, dal momento che mi consideravo morta e mi sembrò che tutte le creature e tutti i santi avessero compassione di me.

Al settimo passo mi fu concesso di guardare la croce, sulla quale vedevo Cristo morto per noi, ma si trattò di una contemplazione insipida, sebbene vi provassi grande dolore.

All’ottavo passo, mentre guardavo la croce, ottenni una maggiore comprensione della morte del Figlio di Dio, causata dai nostri peccati, e con dolore grandissimo riconobbi tutte le mie colpe e compresi che ero stata io a crocifiggerlo.

Ancora però non capivo se era bene maggiore la mia liberazione dai peccati e dall’inferno e la conversione a penitenza oppure la sua crocifissione per me. In questa conoscenza della croce mi venne concesso un fuoco tanto grande, che, standole vicino, mi tolsi tutti i vestiti e mi offrii tutta al Figlio di Dio.

Accusando distintamente tutte le membra, sebbene con timore, gli promisi di osservare perpetua castità e di non offenderlo con nessuna parte del corpo. Lo pregai di farmi mantenere la castità delle membra e dei sensi, perché, se da una parte avevo paura di promettere, dall’altra quel fuoco mi costringeva a farlo e non potei comportarmi diversamente.

...

Possiamo essere missionari rimanendo a casa

Possiamo essere missionari donandoci a Dio e al prossimo, pur rimanendo a pregare e a soffrire in un angolo della nostra casa. (San Giovanni Calabria)


Giovanni Calabria (Verona, 8 ottobre 1873 – Verona, 4 dicembre 1954) è stato un presbitero italiano, fondatore delle congregazioni dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza. Beatificato nel 1988, è stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II il 18 aprile 1999.

Angela Iacobellis - Saluto a Gesù Sacramentato


Preghiera scritta dalla Serva di Dio
ANGELA IACOBELLIS
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SALUTO A GESU' SACRAMENTATO

Io parto e resto con Te
Tu resti e vieni con me
per miracolo d'Amore
io nel ciborio Tuo
Tu nel mio cuore!

Vola da Gesù Ostia, Angelo mio
e diGli che con te
L'amo e L'adoro anch'io.

 


Dio ha cura di voi.


San Pio da Pietralcina.
Testimone delle sofferenze di Cristo
e partecipe della gloria che deve manifestarsi. 

1Pt,5
Dalla prima Lettera di San Pietro Apostolo

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

Ugualmente, voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi.

Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi. A lui la potenza nei secoli. Amen!

Come accontentare Dio.

Santa Teresa d'Avila (1515-1582) carmelitana, dottore della Chiesa

Cammino di perfezione
La nostra anima è destinata a Colui che è così grande

Lungi da voi l'eccessiva timidezza in cui cadono certe persone che la prendono per umiltà! No, l'umiltà non consiste nel rifiutare un favore che ci fa il re; ma nell'accettare riconoscendo quanto ne siamo indegni e nel rallegrarci di questo dono. Sarebbe veramente strana umiltà quella!

Ma come? Il Sovrano della terra e dei cieli viene in me per colmarmi dei suoi favori e deliziarsi con me, e io per umiltà non gli rispondo, né resto con lui, né accetto quanto mi dona? E lo lascio solo? E quando m'invita a presentargli le mie suppliche e me ne prega, io credo di far prova di umiltà restando nella mia povertà? L'obbligherei ad andarsene perché non rispondo ai suoi inviti!

Figlie mie, lasciate da parte questa pretesa e finta umiltà. Trattate con Dio come con un Padre, un Fratello, un Maestro, uno Sposo. Consideratelo ora in un modo, ora in un altro. Vi insegnerà lui stesso cosa dovete fare per accontentarlo.

Dio è maestro onnipotente. Non ha forse in lui la libertà? Siccome ci ama, si mette a portata nostra. Un'anima principiante sarà turbata vedendosi così piccola destinata a richiudere in sé colui che è così grande. Ma il Signore non si manifesta a lei immediatamente: le aumenta poco a poco la capacità; la dispone e la prepara ai doni che vuole darle. Ho detto che porta in lui la libertà perché ha il potere di ingrandire il palazzo che è l'anima nostra.


E io li benedirò.

Nm 6, 22-27
Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: 
«Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: 
"Benedirete gli Israeliti dicendo loro:
Ti benedica il Signore e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace".
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Ti benedica il Signore e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace.

O Maria, madre della redenzione!

Sant'Anselmo d'Aosta (1033-1109) monaco, vescovo, dottore della Chiesa

       Come parlare in modo degno di colei che ha generato il mio Signore e il mio Dio? Grazie alla sua fecondità sono stato liberato dalla schiavitù; grazie al suo parto sono riscattato dalla morte eterna; grazie a suo Figlio sono stato sollevato dalla rovina e condotto dalla disgrazia alla patria beata. 

       O benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno (Lc 1,42) che mi ha dato tutto ciò con la rigenerazione del battesimo. Me lo ha dato in realtà o nella speranza, anche se mi sono da me stesso privato di tutto ciò a causa del mio peccato, al punto di esser senza nulla e sull'orlo della disperazione. Allora? Se i peccati mi sono perdonati, sarò ingrato verso colei per la quale tanti benefici mi sono venuti gratuitamente? Dio mi guardi dall'aggiungere questa ingiustizia alle mie iniquità.

       Dio ha dato suo Figlio, frutto del suo cuore, che gli era uguale e che amava come se stesso: lo ha dato a Maria e, dal seno di Maria, ne ha fatto suo Figlio, non un altro, lo stesso in persona, di modo che è per natura lo stesso Figlio unigenito di Dio e di Maria. Tutta la creazione è opera di Dio, e Dio è nato da Maria! Dio ha creato tutto, e Maria ha partorito Dio! Dio che ha tutto formato si è formato lui stesso dal seno di Maria, e così ha rifatto tutto ciò che aveva fatto. Lui che ha potuto fare tutto dal nulla non ha voluto rifare la creazione distrutta senza diventare prima figlio di Maria. 

       Dio è quindi il Padre di tutte le cose create, e Maria la madre di tutte le cose ricreate. Dio è il Padre della creazione universale, e Maria la madre della redenzione universale. Poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per mezzo del quale tutto è stato salvato.


San Giuseppe Maria Tomasi

Cardinale dell'Ordine dei Chierici Regolari Teatini