Dal 1914 le giovani novizie l'ebbero maestra d'esempio e di parola.
Dal 1917 al 1920, fu vicaria del monastero.
Dal 1920, fino alla morte, con voto unanime, e di triennio in triennio immutato, le suore la vollero abbadessa e divenne, per antonomasia, ‘la Madre’.
Testimonianza chiara, viva, splendida, della sua attività di Superiora furono e restano le opere ch'ella concepì e seppe realizzare.
Con fermezza, amorevolezza e tanta umiltà riesce nel suo intento, ridonando al monastero il suo giusto equilibrio spirituale e caritativo. Innamorata di Santa Rita, allora conosciuta solo in Umbria o poco più, si fa propagatrice della sua devozione nel mondo, anche grazie al periodico “Dalle api alle rose” che fonda nel 1923. Promuove pellegrinaggi che a quell’epoca per Cascia rappresentavano un evento eccezionale; realizza l’“Alveare di S. Rita” per accogliere le “Apette”, cioè le piccole orfane; pensa di costruire un santuario, in grado di accogliere i tanti pellegrini che lei già intravede. Ci riesce a prezzo di sacrifici immensi, incomprensioni, amarezze, cause giudiziarie, ostacoli della Soprintendenza, e che non avrà la soddisfazione di vedere ultimato, perché sarà consacrato quattro mesi dopo la sua morte.
Sul suo fisico si accumulano malanni a non finire: il diabete si assomma all’asma, a problemi di cuore e di circolazione al punto da impedirle di camminare ed inoltre convive per 27 anni con un tumore al seno (per questo adesso viene invocata, con fiducia, da chi è assalito dal male del secolo).
Si spegne serenamente il 18 gennaio 1947, a 66 anni di età.
Il suo corpo incorrotto riposa nella cripta della Basilica di Cascia, accanto alla Santa che immensamente amò e aspetta, in pace, l'ora della gloria.