O Dio, che hai dato a santa Angela una profonda conoscenza dei misteri del tuo Figlio, per i suoi meriti e la sua intercessione donaci di vivere in questo mondo nella verità del Cristo, per meritare la gioia della tua manifestazione nella gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Note biografiche.
Angela nasce a Foligno attorno al 1248, ventidue anni dopo la morte di S. Francesco d'Assisi.
Non si conosce la sua casata né il padre, per cui si può ipotizzare che sia rimasta orfana in tenera età. Lella (così è chiamata familiarmente in casa) è una ragazza bella, intelligente, volitiva e anche ricca: un cocktail esplosivo per una donna medievale, come per una donna dei nostri giorni. Lo confesserà più tardi lei stessa: “Sappiate che per tutto il tempo della mia vita ricercai come potessi essere adorata e onorata”. Questa sete di adulazione e di ricerca incessante delle vanità della vita la allontana ben presto dalla pratica religiosa e forse anche dalla fede, e neppure il matrimonio, contratto in giovane età con un signorotto locale, e i figli che presto dà alla luce, riescono a riportarla sulla retta via.
Il suo radicale mutamento spirituale si colloca all’età di 37 anni, intorno al 1285, allorché, in seguito ad una apparizione di S. Francesco d'Assisi, fece, nella cattedrale di San Feliciano di Foligno, una confessione generale ad un frate Minore, suo concittadino e consanguineo, Arnaldo, il quale sarebbe poi diventato il suo direttore spirituale e segretario.
Scomparsi poco dopo e in breve tempo la madre, il marito e i figli, Angela si dedicò ad una vita di perfetta povertà: venduti i suoi beni e distribuito il ricavato ai poveri, entrò, tra la fine del 1290 e gli inizi del 1291, nel Terzo Ordine francescano, dedicandosi - sull'esempio di S. Francesco - alla realizzazione del suo progetto di penitenza, cioè di totale imitazione del Cristo.
Nell'autunno del 1291, dopo aver emesso i voti religiosi, si recò pellegrina ad Assisi e nella Basilica del Santo, Angela ebbe una crisi mistica, preceduta, come ella stessa avrebbe raccontato, dalla sperimentazione in sé della Trinità.
Arnaldo avvertì subito la necessità di comprendere fino in fondo le cause di quella crisi, e iniziò a scrivere tutto quello che Angela veniva confidandogli, anche per sottoporlo al giudizio di esperti.
Nasceva così quella che avrebbe costituito la prima parte del "Libro" della beata Angela, ovvero l'autobiografia spirituale o "Memoriale di frate Arnaldo".
Angela dettava nel "volgare suum", mentre Arnaldo trascriveva in un latino semplice e piano; quando lui "frate scrittore" non comprendeva, si faceva ripetere il discorso, proprio per non riportare un pensiero o semplicemente un'espressione diversa da quella pronunciata da Angela; talvolta, come attestano i numerosi volgarismi presenti nel "Memoriale", trascriveva la parola così come la sentiva riferire.
La stesura del "Memoriale" durò circa cinque anni, dal 1291 al 1296. Approvato prima del 10 maggio 1297, probabilmente nel 1296, dal cardinale Giacomo Colonna e da una commissione di otto teologi francescani, il "Memoriale" raccoglie, dunque, l'esperienza interiore di Angela, che consta, come lei espressamente afferma, di trenta passi (gli ultimi dieci sono condensati in sette da Arnaldo), dal momento del suo ritorno a Dio (1285), fino all'ingresso nelle più alte sfere dela vita mistica (1296), quando tali manifestazioni mistiche si fecero più frammentarie e lasciarono campo a nuove manifestazioni spirituali, in particolare quella della "maternità spirituale " che raccolse intorno alla "Lella da Foligno" un vero cenacolo di anime desiderose di perfezione.
A loro la santa inviava numerose lettere e per loro redigeva anche le Istruzioni salutifere. La povertà, l'umiltà, la carità, la pace erano i suoi grandi temi: "Lo sommo bene dell'anima è pace verace e perfetta... Chi vuole dunque perfetto riposo, istùdisi d'amare Idio con tutto cuore, perciò che in tale cuore abita Idio, il quale solo dà e può la pace dare".
Angela muore a Foligno il 4 gennaio 1309; le sue reliquie sono conservate nella chiesa di S. Francesco, retta dai Frati Minori Conventuali di Foligno.
Canonizzazione equipollente di Angela da Foligno: il 9 ottobre 2013, il Santo Padre Francesco (Jorge Mario Bergoglio), accolta la relazione di Sua Eminenza Reverendissima il Signor Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha esteso alla Chiesa Universale il Culto liturgico in onore della Beata Angela da Foligno, dell'Ordine Secolare di San Francesco; nata a Foligno (Italia) intorno al 1248 ed ivi morta il 4 gennaio 1309, iscrivendola nel catalogo dei Santi.
Estratto del Libro di Sant'Angela da Foligno.
Una fedele, parlando di Dio con la sua compagna, disse che i passi, o cambiamenti, che fa l’anima quando percorre la via della penitenza, sono trenta e aggiunse che li aveva individuati in se stessa.
Il primo fu la conoscenza del peccato, in seguito alla quale l’anima ebbe un gran timore di dannarsi; in questo passo pianse amaramente.
Il secondo fu la confessione, nella quale l’anima provò vergogna e amarezza e non sperimentò ancora l’amore, ma il dolore.
In proposito la fedele mi riferì che si era comunicata molte volte in stato di peccato, dopo aver fatto, per vergogna, confessioni non complete, e che aveva provato rimorso giorno e notte. Avendo, però, pregato il beato Francesco di trovarle un confessore capace di capire i suoi peccati, per poterglieli confessare bene, la notte stessa le apparve un vecchio frate, che le disse: «Sorella, se mi avessi pregato prima, già ti avrei esaudita; comunque, quello che hai chiesto ti è stato concesso». La mattina andai subito a San Francesco, ma venni via presto e sulla strada del ritorno, a San Feliciano, trovai un frate, cappellano del vescovo, che predicava. Subito, mossa dal Signore, decisi di fargli una confessione completa, sia che fosse in possesso della facoltà di assolvermi, sia che avesse dovuto consultare il vescovo. E mi confessai bene. Egli, ascoltata la confessione, mi disse che, se non ero soddisfatta, era pronto a riferire tutti i miei peccati al vescovo. Poi aggiunse: “Successivamente ti comunicherò la penitenza che ti vorrà assegnare, sebbene io possa assolverti senza consultarlo”. Dunque, in questo passo l’anima provò vergogna e amarezza e sperimentò non l’amore, ma il dolore.
Al terzo l’anima fece penitenza in riparazione dei suoi peccati e fu ancora nel dolore.
Al quarto passo riconobbe la misericordia di Dio, che le aveva concesso il perdono e l’aveva liberata dall’inferno. A questo punto cominciò a essere illuminata e allora pianse, si addolorò più di prima e bramò maggiormente di fare una penitenza più dura.
Io attesto di non aver descritto in tutti i passi precedenti la mirabile penitenza che la fedele fece e che ho conosciuto solo dopo averli compilati. Allora, infatti, lei non me la svelò completamente, ma raccontò solo quanto era necessario per distinguere i passi, e io volli scrivere solamente quello che lei diceva, non una parola in più; anzi, tralasciai parecchie cose che non ero in grado di riferire.
Al quinto passo l’anima conobbe se stessa e già alquanto illuminata non vide altro in sé che difetti e allora si dichiarò colpevole di fronte a Dio, perché era sicurissima di meritare l’inferno. In questo passo l’anima pianse amaramente.
Capisci bene tu: in tutti i passi si verifica una sosta; di conseguenza si deve avere grande pietà e commiserazione per l’anima, che può andare verso Dio con tanta lentezza, dolore e pesantezza, facendo ogni volta uri piccolissimo tratto di strada. Io lo so per esperienza, in quanto a ogni passo mi fermavo e piangevo e non ricevevo simultaneamente più di una cosa, sebbene in ognuno trovassi conforto nel pianto; era però una consolazione amara.
Il sesto passo fu un’illuminazione di grazia, che mi accordò una profonda conoscenza di tutti i peccati; in essa mi resi conto d’aver offeso tutte le cose create per me, e i peccati mi tornavano in mente in modo vivissimo nella confessione che ne facevo di fronte a Dio. Allora supplicai tutte le creature, che sapevo d’aver offeso, di non accusarmi.
Io potei pregare con grande fuoco d’amore, chiesi a tutti i santi e alla beata Vergine di intercedere per me e domandare all’Amore, che tanti beni mi aveva elargito, di ridarmi la vita, dal momento che mi consideravo morta e mi sembrò che tutte le creature e tutti i santi avessero compassione di me.
Al settimo passo mi fu concesso di guardare la croce, sulla quale vedevo Cristo morto per noi, ma si trattò di una contemplazione insipida, sebbene vi provassi grande dolore.
All’ottavo passo, mentre guardavo la croce, ottenni una maggiore comprensione della morte del Figlio di Dio, causata dai nostri peccati, e con dolore grandissimo riconobbi tutte le mie colpe e compresi che ero stata io a crocifiggerlo.
Ancora però non capivo se era bene maggiore la mia liberazione dai peccati e dall’inferno e la conversione a penitenza oppure la sua crocifissione per me. In questa conoscenza della croce mi venne concesso un fuoco tanto grande, che, standole vicino, mi tolsi tutti i vestiti e mi offrii tutta al Figlio di Dio.
Accusando distintamente tutte le membra, sebbene con timore, gli promisi di osservare perpetua castità e di non offenderlo con nessuna parte del corpo. Lo pregai di farmi mantenere la castità delle membra e dei sensi, perché, se da una parte avevo paura di promettere, dall’altra quel fuoco mi costringeva a farlo e non potei comportarmi diversamente.